Con l’utilizzo prevalente di Facebook da parte di realtà di movimento si è prodotta una grave discontinuità. In nome del “facile”, non solo si è rinunciato a “scartare” e innovare rispetto al mainstream, ma ci si è messi in balia di diktat politici, capricci algoritmici e «termini di servizio» della piattaforma. Una situazione precaria e di ricattabilità.
Bisogna liberare il mediattivismo da questa cattura (e cottura), riprendendo la paziente costruzione di mezzi di informazione e ambienti comunicativi indipendenti.
Fonte: L’amore è fortissimo, il corpo no. 10 anni di esplorazioni tra Giap e Twitter – Il blog di Wu Ming