Tito Orlandi (che ringrazio) mi segnala questo interessante articolo pubblicato dal Chronicle of Higher Education. Si tratta di una cronaca dell’ultimo convegno della Modern Language Association, dove le Digital Humanities, secondo l’autore, si avviano a diventare “the next big thing”. La conferenza MLA, la grande kermesse statunitense dedicata agli studi di lingua e letteratura, si è infatti sempre dimostrata abbastanza scettica nei confronti delle novità tecnologiche. Ma le cose cambiano – a volte molto in fretta. Fra tante luci, anche qualche ombra, che rivela problemi comuni al di qua e al di là dell’atlantico: per esempio lo spinoso e tuttora irrisolto problema del riconoscimento dei prodotti digitali della ricerca. Nonché la questione delle difficoltà di inserimento delle nuove generazioni di ricercatori “nativi digitali”:
At the very moment when our profession needs revitalization and willingness to embrace chance, we have shut out the generation that is poised to provide it, and most of them will have to take their skills and enthusiasm elsewhere.
La domanda sorge spontanea: se i nostri giovani ricercatori fuggono dall’Italia, magari proprio per andare in USA, dove emigreranno quelli statunitensi? Assisteremo fra qualche anno a una migrazione da nord a sud, o meglio da centro a periferia? Sarà mica un segnale che anche le polarità geo-culturali, grazie alle nuove tecnologie, si stanno allentando?
C’è di che riflettere in questo inizio 2010.