Domani 10 marzo si terrà presso l’Università di Catania la giornata di studi L’esperienza del testo. Archivi, concordanze e filologia nell’era digitale . Anticipo qui alcuni temi del mio intervento (“Il testo digitale fra epistemologia, ermeneutica e politica”), partendo da un documento praticamente sconosciuto scritto da Padre Busa nel giugno 2002. Si tratta della “adesione condizionata” di Busa a una lettera inviata all’allora Ministro Moratti da circa cento docenti universitari italiani (ma anche molti stranieri) in difesa dell’informatica umanistica. I più “maturi” fra gli umanisti digitali ricorderanno infatti l’allarme suscitato in tutti noi dalle dichiarazioni della ministra che voleva inserire le lauree in IU dentro il calderone delle lauree “inutili”, minacciando così di far scomparire decenni di sforzi della comunità scientifica. Non è mia intenzione ripercorrere qui tutta l’interessante e per certi versi bizzarra vicenda, ma vorrei invece concentrarmi sui contenuti del documento scritto da Busa di suo pugno e che egli mi consegnò in quei frenetici giorni dedicati al “salvataggio” dell’informatica umanistica. Un salvataggio nel quale Busa ebbe un ruolo determinante, offrendo la sua presenza in una serie di incontri con rappresentanti della stampa e della politica che egli stesso era riuscito a sensibilizzare (l’articolo pubblicato dal Sole 24 Ore il 7 agosto 2002 fu uno dei frutti del suo sapiente lavoro diplomatico). Tornando al documento, le due paginette scritte da Busa non vennero né diffuse né pubblicate in rete, forse perché si aveva il timore che la sua “adesione condizionata” indebolisse la nostra iniziativa. Tuttavia, a mio parere, esse rappresentano un efficace e attuale compendio delle sue idee e posizioni “politiche”. Riproduco qui la trascrizione integrale dell’autografo, poi approvata dallo stesso Busa:
Padre Busa assicura che firmerà non appena noi avremo precisato – contro le nebulosità correnti:
1) Che per umanesimo non si intendono solo le discipline letterarie tradizionali del bel dire e del bello scrivere (pur valide e importanti)
ma vanno intese prima di tutto, come base e con priorità d’urgenza, le scienze statistiche dell’espressione umana scritta, quali solo il computer ha reso oggi possibili,
e che sole possono rispondere alla sfida della globalizzazione elettronica, che si affaccia come nuova infrastruttura delle comunicazioni gestionali, commerciali e tecnologiche.
2) che le informatiche testuali sono 3:
2.1) la documentaria: banche dati con accessi via etere;
2.2) la editoriale: diffusione del nuovo tipo di libro cd, dvd, multimedialità e loro continui sviluppi;
2.3) la ermeneutica: è la “mia”: osservazione classificatoria statistica integrale dei fatti linguistici scritti, su grandi masse di testi naturali, attuali e rappresentativi. Loro markup. Loro sintesi in sistema lessicologico etc.2.4) La 2.1 e la 2.2 sono solo la riproduzione e diffusione per reperibilità di “immagini digitali” di parole e interpunzioni e… immagini e suoni; la terza a ogni parola aggiunge molti ipertesti interni che la specificano semanticamente contesto per contesto.
Sarebbero molti gli elementi di questo denso mini-manifesto su cui riflettere, a cominciare proprio dal termine informatica testuale, etichetta che Busa, evidentemente, preferiva a quella più generica di informatica umanistica. Tuttavia la questione sulla quale mi soffermerò nel mio intervento di domani è il rapporto fra la tripartizione di Busa e i successivi (e attuali) sviluppi delle Digital Humanities, in particolare il rapporto l’informatica testuale “ermeneutica” (i.e. “osservazione classificatoria statistica integrale” del testo) e il fenomeno dei Big Data. Da questo punto di vista infatti l’idea del “documento come dato” e dell’estrazione-costruzione di significati a partire esso, sembra trovare la sua applicazione nelle tecnologie che multinazionali e governi usano per raccogliere e analizzare dati sia a scopo commerciale sia di sorveglianza di massa. Archivi e algoritmi (dati e software) di profilazione e di sorveglianza svolgono infatti un doppio ruolo “ermeneutico”: costruiscono e rappresentano il dato e sopra di questo costruiscono interpretazioni (quanto plausibili non si sa, ma certamente narrative).
Sarà un caso che uno dei primi centri di Humanities Computing in cui era coinvolto Busa ricevette fondi da EURATOM in piena Guerra Fredda? Il legame fra filologia (digitale) e politica non è mai stato più evidente.